Razzano,boccata d’ossigeno per Centro medico ERRE ma restano i problemi

Da oltre un ventennio motivo di orgoglio per la sanità beneventana nonchè preziosa fonte di occupazione in una terra che di lavoro non trabocca. Eppure, il Centro Medico Erre – eccellenza nel settore della riabilitazione tanto da rappresentare un riferimento prezioso in tutto il territorio regionale – vive da mesi un momento tutt’ altro che felice. Il grido di allarme lanciato dal suo socio-fondatore, dottor Michele Razzano – in un’ intervista rilasciata a Nella Melenzio de ‘Il Quaderno’ – lascia poco spazio ai fraintendimenti. La situazione è drammatica. Non riesco a trovare altre parole per cercare di addolcire la pillola. La realtà è davvero agghiacciante: ci troviamo in una situazione, ahimè, di non ritorno!”- questo l’ esordio del dottor Razzano, che prosegue –  La scorsa settimana abbiamo lanciato un grido d’allarme per cercare di attirare l’attenzione sulla nostra situazione e per fortuna qualcosa si è mosso, ma si tratta solo di una goccia nel mare”. Ricordiamo che – storia di pochi giorni fa – l’ amministratore delegato della struttura, Michele Galietta unitamente al direttore sanitario, Salvatore Marotta, avevano fatto ‘avviso’ ai familiari dei degenti di come sarebbe stato non più possibile garantire l’ assistenza ai malati – per la venuta meno autonomia economica – oltre la data del 14 dicembre. Sempre che non fosse arrivato in extremis qualche segnale concreto dall’ Ente Regione. Che, fortunatamente, è arrivato. Palazzo Santa Lucia è riuscito a reperire circa 30 milioni di euro che permetteranno all’ ASL di colmare i debiti accumulati a danno non solo del centro santagatese. I ‘numeri’ della struttura sanitaria santagatese li snocciola il suo fondatore ”I fondi stanziati – continua Razzano – ci permetteranno di dare una boccata d’ossigeno al nostro Centro, ma certo non sono la soluzione al problema. La struttura santagatese vanta 157 dipendenti, oltre a 60 collaboratori ed un giro di circa 400 famiglie che gravitano intorno a questa struttura. La spiegazione del problema è semplice: l’Asl non ci rimborsa, ormai da mesi, i fondi che ci deve, le banche non ci fanno più credito, i fornitori interrompono il flusso di servizi ed i dipendenti aspettano gli stipendi. E’ un cane che si morde la coda, perché basta che si inceppi un solo ingranaggio e la catena non gira più come si deve”. Un effetto domino dalle conseguenze facilmente pronosticabili se matasse simili a quella appena dipanata si dovessero ripresentare in futuro. Ma quale potrebbe essere la cura lo suggerisce lo stesso Razzano: ”Nella provincia ci sono al massimo 5 o 6 centri come il nostro, catalogato nella fascia ‘C’ delle eccellenze: infatti, è in base ai servizi offerti che bisognerebbe essere remunerati. Dal mio punto di vista non sempre c’è necessità di maggiori fondi, ma basterebbe ripartire i budget in modo più equo, in base alla qualità delle prestazioni realmente erogate. Per la situazione in cui versa la Sanità della Regione Campania, che non dimentichiamo resta commissariata, forse bisognerebbe mettere in campo una strategia molto semplice: tagliare i rami secchi, sia nel settore pubblico che in quello privato e ripartire i fondi su base qualitativa tra i centri sanitari. Solo in questo modo, rimodulando anche il decreto 42/2011 (proposito emerso anche nell’ambito della riunione in Prefettura) relativo appunto alla remunerazione delle prestazioni ospedaliere, sarà possibile trovare il bandolo della matassa”. Napoli e le voragini economiche delle sue Asl al centro – proseguendo – dell’analisi: ”E’ anche vero, poi, che il Sannio paga lo scotto di Napoli e delle sue Asl, dove i buchi di bilancio ormai non si contano più ed ogni giorno saltano fuori nuovi debiti. Questo è un altro problema, o forse è il principale: se non si conosce il reale ammontare dei debiti della sanità campana, come possiamo pensare di risanare i suoi bilanci? Se chi è preposto al controllo non esegue in modo diligente il proprio lavoro, se il controllo è considerato come un surplus, come pensiamo di andare avanti? Il motto della nostra Sanità dovrebbe essere solo ed esclusivamente ‘controllo’, ma forse risulta troppo fastidioso e non permetterebbe che solo pochi eletti continuino ad ‘ingrassare”. Un consorzio delle varie strutture riabilitative ed una diversa e migliore funzione della So.Re.Sa (Agenzia regionale della Sanità n.d.r.) come ipotetiche strade da percorrere in futuro: ”Un’idea potrebbe essere quella di creare una sorta di Unione dei Centri Riabilitativi.” – spiega Razzano – ”Essendo pochi quelli d’eccellenza in cui, poi, il rapporto tra paziente e personale è di 1 a 1, ci si potrebbe consorziare, in modo da offrire un servizio sempre di prim’ordine al malato ed evitare anche le spiacevoli migrazioni in regioni più o meno vicine per farsi curare. La So.Re.Sa., invece, si dovrebbe occupare di accreditare le realtà sanitarie sane, di fare da garante sulla loro ‘salute economica’, in modo che centri come il nostro non debbano lottare quotidianamente con i conti economici, ma gestire solo quello che gli spetta in base alle prestazioni che offre. I Centri Riabilitativi devono occuparsi della salute delle persone e non di conti, tassi d’interesse, banche e fornitori”


Commento all'articolo