Treni extra lusso e carghi bestiame per pendolari..


Treni extra lusso cui mancano solo l’idromassaggio e – come diceva Fantozzi – le poltrone in pelle umana. Per il resto c’è tutto: quotidiani gratis (ma questo è il minimo), navigazione internet in wi fi, sala cinema, aree relax. Ed, ancora, ristorazione griffata con vini di prestigio. Se non fosse per i paesaggi che corrono fuori il finestrino, ti sembrerebbe di stare in un hotel a trentacinque stelle. Ovviamente, tutto questo non te lo regalano. Si paga ed anche profumatamente. Ma la convenienza c’è. I tempi di percorrenza sono prossimi a quelli di un aereo; soprattutto considerando che le stazioni ferroviarie – diversamente dagli aeroporti – sono solitamente calati nel pieno centro delle città ed, ancora, calcolando che chi sceglie il viaggio via ferro taglia i tempi di check in e metal detector. Quale è il problema? Il problema è che l’ Italia va – anche in questo settore – a due velocità. E non mi riferisco solo ai tempi di percorrenza. Se – da un lato –  l’ apice della qualità viene sempre più alzato, gli standard minimi – dall’ altro – quelli dei comuni mortali, per intendersi, raschiano sempre più il fondo del barile . Viene il dubbio che quello offerto dalle Ferrovie Italiane non sia effettivamente un servizio pubblico. Gli investimenti sono veicolati esclusivamente sulle Frecce azzurro, rosse o argentate che siano. Ma l’ Italia dei treni vera – quella dei pendolari – è abbandonata ad uno stato di degrado e incuria. Tratte cancellate,corse tagliate, tempi di percorrenza da anni ’70. Ed, ancora, le toilette che, in realtà, sono dei cessi. Carrozze con sedili ad angolo retto con 40 gradi in estate e – 5 in inverno. Ritardi biblici e, dulcis in fundo, rincaro nel 2011del 12% e tagli al personale dell’ 8%. Rammento ancora quando – da studente universitario – dalla sede di studi (Napoli) facevo ritorno al paese d’origine, oltre 200 km. più a Sud. Salire – specie nei week end – era una impresa titanica. Una volta a bordo, non ti  facevi sfiorare neppure lontanamente dall’ idea di avventurarti nei corridoi. Erano delle muraglie umane insormontabili: così, spesso e malvolentieri, ripiegavi nei paraggi dei bagni. In rigorosa compagnia di qualche altro disgraziato. E se nel bagno ci dovevi proprio andare, dovevi essere un campione di apnee. Quando, invece, volevi ammazzare il tempo ed andare a prendere un caffè nel  vagone ristorante, si apriva un altro capitolo dell’ avventura. Affidato il bagaglio alla faccia meno peggiore, ti addentravi nei corridoi scavalcando valige e persone sedute sopra che – solo a vederti – ti fulminavano a distanza con lo sguardo. La zona di interscambio tra i vagoni era un mostro da superare il prima possibile. L’ intercapedine era ballerina (specie sugli scambi) e nel mezzo ci tirava un vento polare. Molto spesso, i pulsanti di apertura erano degli oggetti inutili e l’ unica soluzione – per arrivare all’ agognato caffè – era quella di spremersi sulle maniglie cercando di divaricare le porte manualmente. Ma la mia disavventura era saltuaria, massimo bisettimanale: vi è chi, invece, quell’ odissea la vive ogni giorno. Ance in piedi. Sarebbe doveroso innalzare gli standard minimi di qualità, riservando – una volta ogni tanto – un misero occhietto di riguardo anche a chi si serve delle strade ferrate quotidianamente. Un esercito di quasi un milione di persone cui è lasciato, invece, lo scarto dello scarto. Ma, si sa: in Italia le caste esistono in ogni dove.

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