SANT’AGATA DEI GOTI- A breve la ‘cellula archeologica’ nella chiesa di San Francesco
Giuseppe Fortunato – da ‘Il Sannio Quotidiano’
Sant’
Agata dei Goti muove primi passi – reali, concreti – verso quella dimensione
turistica che – quasi ‘geneticamente’ – le compete.
Quella dimensione – sempre
largamente prospettata ed invocata – la
cui realizzazione, però, mai è stata
oggetto di una azione amministrativa mirata e decisa, limitandosi – piuttosto –
a vivere nel cantuccio degli sterili slogan elettorali. Il progetto della
cellula archeologica che, in tempi brevissimi, dovrebbe vedere i suoi
albori nella Chiesa di San Francesco –
di proprietà della locale Pro Loco – è un primo importante segnale dell’ interesse – maturato in ambito
santagatese – al recupero della millenaria storia locale. Una ‘tensione’ che è
sottesa a restituire dignità ad una storia millenaria capace di partorire momenti
e pezzi di assoluto e primario valore. Quale quello che il Presidente
Napoletano non manca di definire il ‘vaso più bello del mondo’ – ovvero la creazione
di Asteas, raffigurante il ratto d’ Europa, riemerso quasi 30 anni fa dalla
terra dei Paolini. – Ed – ancora – una
miriade di monili e suppellettili buoni a riempire un museo intero. Qui di
museo non si è mai vista l’ ombra; così come neppure l’ ombra di un sol coccio
è rimasto – fruibile alla pubblica conoscenza – nella cittadina sannita.
Qualcosa vi è, anzi. Ma è oggetto della raccolta privata Rainone-Mustilli. Non
può che far piacere, quindi, che per la prima volta prenderà corpo a Sant’
Agata dei Goti un luogo pubblico – aperto al pubblico – che metterà in vetrina
prime testimonianze dei nostri preziosi e gloriosi secoli. I primi ‘pezzi’ che
in quella sede si andranno ad allocare sono due tombe arcaiche emerse dalla
zona dei Cotugni-Paolini. Tombe complete di arredi funerari – una riconducibile
ad un adulto, l’ altra ad un neonato. Non mancheranno, inoltre, monili ed
oggetti vari rinvenuti in quel medesimo contesto nonché delle video-proiezioni
che aiuteranno e meglio delucideranno il visitatore nella ricostruzione
storica. Al di fuori del percorso archeologico, inoltre, troverà spazio nella medesima struttura –specificamente
nella navata centrale – anche la celeberrima ‘lapide di Madelgrima’. La lastra marmorea – lunga 74,5 centimetri, alta 47,5 e
spessa 3,5 – è ritenuto il documento di età longobarda più importante per la
storia locale riferita a quel periodo. Sulla sua superficie
è incisa una iscrizione tumulare che decanta le doti umane della moglie di
Rodoaldo, conte di Benevento dal 642 al 651 d.c. Il pezzo era confinato all’
interno del magazzino di un museo – neppure esposto alla visione dei
visitatori. Tra la cellula archeologica – che si conta di ‘battezzare’ prima di
‘Falanghina Felix’ – ed il reperto longobardo, la chiesa di San Francesco
diviene il primo riferimento archeologico-espositivo di Sant’ Agata dei Goti. E’,
tuttavia, ancor più importante sottolineare e far presente come – da questo
momento specifico – Sant’ Agata dei Goti abbia creato il presupposto per
invocare il ritorno a casa di tutti quei pezzi di cui è madre. Prima d’ ora,
infatti, neppure aveva senso andare a ‘pretendere’ questo o quell’ altro
reperto stante la mancanza di un’ apposita area espositiva. Ora un luogo
tipo-museale vi è e – di conseguenza – diviene pienamente legittimo pensare ad
un raduno di quanto è riconducibile alla storia locale. L’ importante, quindi,
era creare una base da cui partire per intavolare proficui discorsi futuri. A
ciò, ovviamente, dovrà seguire un opportuno discorso di inserimento entro i preposti
circuiti culturali nonché la dotazione di quei contorni che una realtà che
vuole ‘fare turismo’ deve imprescindibilmente avere. Dalla cartellonistica alla
formazione di preposto personale, non dimenticando come siano ancora troppi i
punti ‘sensibili’ da schiudere al pubblico. Il discorso ‘turismo’ vede scrivere
i primissimi righi a Sant’ Agata dei Goti; bene così, quindi, ma vi sono ancora
tantissime pagine da riempire.
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