"Abbiamo una storia, una tradizione solida. Abbiamo una base familiare. Per questo, nonostante la sofferenza del momento, la nostra storia proseguirà. Ma penso ai tanti giovani che hanno dato vita ad investimenti dai quali, con molto difficoltà, si riuscirà a rientrare".
Giampietro D'Apice è il "patron" della "Falanghina", tra le attività ristorative di maggiore tradizione nell'intera Valle Caudina.
Sfondo del Taburno ad incorniciare lo scenario, la Falanghina ha deciso, al pari di quasi la totalità delle attività ricadenti nel Comprensorio, di non aprire i battenti durante la finestra concessa dal Governatore De Luca.
Una concessione che si è deciso di rimandare al mittente
“Guardi – commentano – questo ristorante, con circa 70 coperti, presenta costi fissi mensilmente stimabili al di sopra di 10.000 euro. Parliamo di materie prime da acquistare, consumi di utenze e via discorrendo. Aprire sperando che qualcuno chieda la consegna a domicilio di qualche piatto? Sarebbe un azzardo, una operazione economica assolutamente dannosa, controproducente. Restiamo chiusi, in attesa di sviluppi”.
Come detto, la “Falanghina” resisterà al momento forte di una storia e di uno spessore trentennale.
“Il colpo è, però, per tutti – precisano - Ad esempio dovremo, nella successiva fase, ridurre il numero di coperti per consentire il distanziamento sociale. I coperti da 70 dovranno scendere, quindi, a venti. Ciò significa che a lavorare saremo sempre e solo noi cinque di famiglia e non anche, come si faceva fino ad ora, i “rinforzi” di cui, in termini di manodopera, ci dotavamo nel fine settimana.
Ovviamente – insiste D'Apice – penso con sincero dolore a ragazzi, anche trentenni, che dopo anni di lavoro lontano da casa, avevano tentato la via di un investimento nella propria terra, facendosi carico di mutui e spese. Come, cosa dovranno fare queste persone?"
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