LUNEDI CON LA SALUTE- Meningite, meglio il vaccino
da dica33.it

meningite, generalmente e a ragione, solleva la soglia di allarme: il fatto che
un agente patogeno riesca a penetrare in aree di norma sterili, come le
meningi, provocando un’infiammazione in zone così vicine al cervello, richiede
intervento terapeutico tempestivo proprio per evitare danni neurologici e gravi
complicanze. Ma anche per evitare la diffusione dell’infezione, dato che, in alcuni
casi, è piuttosto facile contaminare le persone vicine. Il caso del piccolo
focolaio che ha coinvolto, all’inizio di ottobre, l’equipaggio di una nave da
crociera ne è un esempio.
Serve distanza
di sicurezza e profilassi
«Ha colpito
persone che lavoravano nelle cucine» spiega Giovanni Rezza direttore del
Dipartimento di malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell’Istituto
superiore di sanità «ambienti chiusi, promiscui e molto umidi, condizioni in
cui è molto probabile che il meningococco, il più diffusivo tra i patogeni che
provocano la patologia, possa essere trasmesso per contatto diretto e stretto
creando piccoli focolai». È sufficiente, infatti, stare a meno di un metro di
distanza da una persona malata per essere esposti al rischio di contagio, ed è
un comportamento a rischio, per esempio, bere dallo stesso bicchiere, ha
sottolineato l’esperto. E proprio per questo motivo, aggiunge, «la terapia,
basata su antibiotici, viene data per profilassi anche a chi è a contatto con
il paziente». Secondo una circolare del ministero della Salute, infatti,
occorre identificare i conviventi e coloro che hanno avuto contatti stretti con
l’ammalato nei 10 giorni precedenti la data della diagnosi, poiché 10 giorni
sono il tempo massimo previsto per la sorveglianza sanitaria, tenuto conto del
massimo periodo di incubazione della malattia. È importante che, una volta che
il ceppo dell’infezione viene identificato, il trattamento del paziente sia
tempestivo: «Per essere efficace la terapia antibiotica deve essere
somministrata ad alte dosi, poiché i farmaci devono raggiungere le meningi e
penetrarle per poter eliminare i batteri». È chiaro che nel caso di una forma
virale la terapia antibiotica è inappropriata, ma la malattia è anche meno
grave e aggressiva e i sintomi di solito si risolvono spontaneamente dopo una
settimana.
persone che lavoravano nelle cucine» spiega Giovanni Rezza direttore del
Dipartimento di malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell’Istituto
superiore di sanità «ambienti chiusi, promiscui e molto umidi, condizioni in
cui è molto probabile che il meningococco, il più diffusivo tra i patogeni che
provocano la patologia, possa essere trasmesso per contatto diretto e stretto
creando piccoli focolai». È sufficiente, infatti, stare a meno di un metro di
distanza da una persona malata per essere esposti al rischio di contagio, ed è
un comportamento a rischio, per esempio, bere dallo stesso bicchiere, ha
sottolineato l’esperto. E proprio per questo motivo, aggiunge, «la terapia,
basata su antibiotici, viene data per profilassi anche a chi è a contatto con
il paziente». Secondo una circolare del ministero della Salute, infatti,
occorre identificare i conviventi e coloro che hanno avuto contatti stretti con
l’ammalato nei 10 giorni precedenti la data della diagnosi, poiché 10 giorni
sono il tempo massimo previsto per la sorveglianza sanitaria, tenuto conto del
massimo periodo di incubazione della malattia. È importante che, una volta che
il ceppo dell’infezione viene identificato, il trattamento del paziente sia
tempestivo: «Per essere efficace la terapia antibiotica deve essere
somministrata ad alte dosi, poiché i farmaci devono raggiungere le meningi e
penetrarle per poter eliminare i batteri». È chiaro che nel caso di una forma
virale la terapia antibiotica è inappropriata, ma la malattia è anche meno
grave e aggressiva e i sintomi di solito si risolvono spontaneamente dopo una
settimana.
Batteri diversi
per la stessa malattia
per la stessa malattia
La meningite
batterica si manifesta inizialmente con sintomi poco specifici, come
sonnolenza, mal di testa, inappetenza. In genere, però, dopo 2-3 giorni
peggiorano e compaiono nausea e vomito, febbre alta, pallore, fotosensibilità e
le tipiche rigidità della nuca e dell’estensione della gamba.Riconoscere in
tempo i segni e isolare il batterio per stabilire la terapia più opportuna
evita complicazionigravi, tra cui danni neurologici permanenti, come la perdita
dell’udito, della vista, della capacità di comunicare o di apprendere, problemi
comportamentali e danni cerebrali, fino alla paralisi.Ma le complicazioni
possono anche essere di natura non neurologica, per esempio al rene e alle
ghiandole surrenali, con conseguenti squilibri ormonali. La malattia può essere
provocata da tre tipi di batterio:meningococco (Neisseria meningitidis),
pneumococco (Streptococcus pneumoniae) ed emofilo (Haemophilus influenzae tipo
b). «Il meningococco è il più temibile» sottolinea Rezza «perché più facile da
trasmettere, e quindi può dare origine a piccioli focolai epidemici, e perché
più spesso colpisce i bambini. Il più comune è il ceppo C, che è poi quello che
è comparso sulla nave da crociera, e in Italia è incluso nel vaccino
meningococcico da alcuni anni introdotto nei calendari vaccinali. La meningite
da pneumococco riguarda casi sporadici e interessa per lo più soggetti adulti e
il vaccino disponibile non include tutti i ceppi circolanti. In calo i casi di
meningite da emofilo grazie alla vaccinazione introdotta alla fine degli anni
’90». Quest’ultimo era, infatti, la causa più comune di meningite nei bambini
fino a 5 anni, ma con l’introduzione della vaccinazione i casi di meningite
causati da questo batterio si sono ridotti moltissimo. Le politiche vaccinali
attuali per quanto riguarda il meningococco C, rispondono a raccomandazioni
internazionali che indicano l’opportunità, in caso di focolai epidemici, di
introdurre la vaccinazione su larga scala nell’area geografica interessata
quando l’incidenza è superiore a 10 casi per 100.000 abitanti nell’arco di tre
mesi.
batterica si manifesta inizialmente con sintomi poco specifici, come
sonnolenza, mal di testa, inappetenza. In genere, però, dopo 2-3 giorni
peggiorano e compaiono nausea e vomito, febbre alta, pallore, fotosensibilità e
le tipiche rigidità della nuca e dell’estensione della gamba.Riconoscere in
tempo i segni e isolare il batterio per stabilire la terapia più opportuna
evita complicazionigravi, tra cui danni neurologici permanenti, come la perdita
dell’udito, della vista, della capacità di comunicare o di apprendere, problemi
comportamentali e danni cerebrali, fino alla paralisi.Ma le complicazioni
possono anche essere di natura non neurologica, per esempio al rene e alle
ghiandole surrenali, con conseguenti squilibri ormonali. La malattia può essere
provocata da tre tipi di batterio:meningococco (Neisseria meningitidis),
pneumococco (Streptococcus pneumoniae) ed emofilo (Haemophilus influenzae tipo
b). «Il meningococco è il più temibile» sottolinea Rezza «perché più facile da
trasmettere, e quindi può dare origine a piccioli focolai epidemici, e perché
più spesso colpisce i bambini. Il più comune è il ceppo C, che è poi quello che
è comparso sulla nave da crociera, e in Italia è incluso nel vaccino
meningococcico da alcuni anni introdotto nei calendari vaccinali. La meningite
da pneumococco riguarda casi sporadici e interessa per lo più soggetti adulti e
il vaccino disponibile non include tutti i ceppi circolanti. In calo i casi di
meningite da emofilo grazie alla vaccinazione introdotta alla fine degli anni
’90». Quest’ultimo era, infatti, la causa più comune di meningite nei bambini
fino a 5 anni, ma con l’introduzione della vaccinazione i casi di meningite
causati da questo batterio si sono ridotti moltissimo. Le politiche vaccinali
attuali per quanto riguarda il meningococco C, rispondono a raccomandazioni
internazionali che indicano l’opportunità, in caso di focolai epidemici, di
introdurre la vaccinazione su larga scala nell’area geografica interessata
quando l’incidenza è superiore a 10 casi per 100.000 abitanti nell’arco di tre
mesi.
Commento all'articolo