Nel segno della croce letteraria

Rubrica a cura del dottor Arturo Olibano. Fëdor Dostoevskij in una lettera alla nipote del gennaio 1868 farà del Cristo crocifisso il simbolo della bellezza redentrice:«Tutti gli scrittori che hanno pensato di raffigurare un uomo positivamente bello si sono sempre dati per vinti. Perché si tratta di un compito sconfinato. Il bello è, infatti, l’ideale […] Al mondo c’è una persona sola positivamente bella: Cristo. L’apparizione di questa persona sconfinatamente, infinitamente bella è già un miracolo infinito». Nel terzo capitolo de I Demòni pone sulle labbra di Stepan, questa pervicace e profonda convinzione:«Sappiate che l’umanità può fare a meno di tutto […] ma che soltanto la bellezza le è indispensabile, perché senza bellezza non ci sarebbe più niente da fare in questo mondo.
Qui è tutto il segreto, tutta la storia è qui!». E sempre nei Demòni, l’autore russo ne farà l’emblema della verità assoluta:«Se mi dimostrassero matematicamente che la verità è fuori di Cristo, io starei dalla parte di Cristo». Ecco, io sto dalla parte di Dostoevskij. Nella verità dell’intuizione dostoevskiana: o Dio o gli idoli, o il mistero o l’assurdo, o l’amore o il nulla.  «La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. E il crocifisso non genera nessuna discriminazione. È là, muto e silenzioso. C’è stato sempre. È il segno del dolore umano. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo». Così il 22 marzo del 1988 sull’«Unità» la scrittrice Natalia Ginzburg reagiva a uno dei vari tentativi di schiodare la croce dai luoghi pubblici. Un simbolo che rappresenta tutti, in quanto non investe necessariamente una confessione religiosa, ma la civiltà cristiana che ha prodotto ed espresso la cultura europea. Nel romanzo “Il segreto di Luca” Ignazio Silone illustrava il messaggio che il crocifisso riserva a tutte le vittime, agli oppressi, ai giusti e agli infelici. «Luca, durante l’interrogatorio, guardava fisso sulla parete, al di sopra del presidente. “Cosa guardate?”, gli gridò il presidente. “Gesù in croce”, gli rispose Luca, “non è permesso?”. “Dovete guardare in faccia chi vi parla”, gridò il presidente. “Scusate”, replicò Luca, “ma anche lui mi parla; perché non lo fate tacere?”». I giudici europei, ne sono certo, si sono concentrati e applicati sullo studio di una Letteratura Nazionale che ha inizio con S. Francesco d’Assisi. Fra i testi consigliati: “Letteratura religiosa”, di Giovanni Getto, il Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia, alla voce “croce” e, la Storia della Letteratura Italiana di Francesco Flora. Per ulteriori approfondimenti non basterebbe una grande camera a contenere e a conservare la Letteratura delle “genti del bel paese là dove ‘l sì suona”, ma l’intero edificio che ospita il Consiglio d’Europa.  Bisogna esporsi (questo insegna / il povero Cristo inchiodato?), / […] noi staremo offerti sulla croce, / alla gogna, tra le pupille / limpide di gioia feroce, […] miti, ridicoli, tremando / d’intelletto e passione nel gioco / del cuore arso dal suo fuoco, / per testimoniare lo scandalo. (P. P. PASOLINI)
Purché tu torni in me / in noi e io e noi in te /  […]  Forse ci basta tentare. / Dire ci basta: / siamo qui. Tu vedi: non sappiamo / […] A te, nel nostro niente, / a te, nel nostro niente, / affidiamo la carne stanca, / l’anima, la mente […] La nostra sfatta voce / sperando disperata / a te s’aggrappa , o Padre, / e alla tua Croce. (G. TESTORI)

Commento all'articolo