Madame Milena, la spinta amorosa della lettura
Leggere Flaubert è stato questo, e molto altro. Così, come, leggendo Emma Bovary, nel rapimento febbrile per i suoi amanti, nello sguardo carico di un desiderio smisurato, nelle fenditure delle labbra prossime al collasso, ho assaporato un’ esperienza di allucinante perdizione, un brivido d’ innominabile e insanabile piacevolezza. “Si portava il suo libro anche a tavola, e voltava le pagine, mentre Charles, mangiando, le parlava. Il ricordo del visconte ritornava sempre nelle sue letture. Fra lui e i personaggi inventati, faceva raccostamenti. Ma il cerchio di cui egli era il centro gli si allargò intorno a poco a poco, e quella aureola che lui aveva, discostandosi dalla sua figura, si sparse più lontano, per illuminare altri sogni […] Non pensiamo a niente, – continuava lui, – le ore passano. Restando immobili, percorriamo aesi che ci pare di vedere, e il nostro pensiero, allacciandosi alla fantasia, si gingilla fra i particolari o segue i meandri delle vicende. Si unisce ai personaggi, e ci sembra d’esser noi a palpitare in quelle loro spoglie […] Quanti buoni pomeriggi, loro due soli, all’ombra, in fondo al giardino! Egli leggeva ad alta voce, a testa nuda, rannicchiato su uno sgabello di rami secchi; il vento fresco della prateria soffiava nelle pagine del libro […] Ah, era partito, l’ unico incanto della sua vita, l’ unica speranza di felicità!” Ma voi, invece, Madame Milena: “Non paragonatevi più alla Bovary. Voi non le assomigliate affatto! Vale meno di voi, come testa e come cuore; perché è una natura un poco perversa, una donna di falsa poesia e di falsi sentimenti” (G. Flaubert, Lettera a Mademoiselle Leroyer de Chantepie, 30 marzo 1857).
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